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"Orgoglio e Pregiudizio" e "Pride and Prejudice: quando un classico viene tradotto


Finalmente, miei balbettanti, posto questo articolo! L'avevo preparato settimane fa!

Dal primo momento in cui lessi "Orgolio e Pregiudizio", promisi a me stessa di rileggerlo almeno una volta l'anno e di leggerlo, un giorno, in lingua, promessa rinforzatasi dopo averlo anche studiato al liceo.

Ecco, quest'anno, ho finalmente trovato una versione in lingua che mi convincesse, in contemporanea all'uscita ultra-mega-bellissima della versione in italiano della RBA.

Nonostante la nuova traduzione sia di buona qualità, ho avuto la conferma di quanto abbia sempre pensato: nulla può eguagliare l'originale.

La Austen ha uno stile così ben studiato e fatti di modi di dire e strutture sintattiche tipiche e uniche della lingua inglese che è impossibile per qualsiasi traduzione provocare gli stessi effetti e questo è un grande peccato, perché, per chi non ha la possibilità di leggere e comprendere un testo letterario in lingua inglese ed è costretto a leggerne la traduzione italiana, non sarà mai totalmente evidente il talento di questa autrice e lo spirito profondamente critico e pungente; la traduzione resterà sempre un passo indietro e, per quanto la distanza possa essere ridotta al minimo da revisioni minuziose, quella piccola differenza ci sarà sempre e, scusate la ridondanza, farà sempre la differenza.

L'ironia e la sonorità delle frasi originali della Austen sono poi sempre da affiancare a una società diversa dalla nostra non solo per periodo storico, ma per tradizione: a noi italiani, ammettiamolo, piace perderci in tante parole, descrizioni e, più in genere, in convenevoli e questo si riflette non solo sullo stile narrativo, ma anche sulle azioni dei personaggi del romanzo-tipo italiano; in Inghilterra funziona diversamente e, se prendiamo la società inglese di fine XVIII-inizio XIX secolo, vi lascio immaginare quanto le cose possano cambiare.

Volete alcuni esempi per capire come il modo d'essere degli inglesi e la mentalità dell'epoca abbia condizionato lo stile di un'autrice spesso sottovalutata e descritta come "semplicistica" dagli italiani? La tradizione del thé del pomeriggio e l'impossibilità per le donne di avere un'eredità.

Partiamo dalla prima.

Se c'è una cosa a cui gli inglesi non rinuncerebbero per nulla al mondo, questa è il thé delle cinque ("e come dar loro torto?", aggiungerei), un momento in cui la famiglia - e spesso anche il vicinato e gli amici più cari - si riunisce e chiacchiera del più e del meno, di ciò che hanno sentito dire in giro, di ciò che hanno letto, di politica, economia o semplicemente di frivolezze. Come questo influenza la penna di Jane Austen? Molte volte, ciò che viene criticato alla Austen è il suo dedicare la maggior parte dell'inchiostro a dialoghi diretti, senza particolari intermezzi narrativi, ma quello che sfugge a chi critica questa scelta è che l'obiettivo principale di questa autrice è quello di fare da specchio alla società che la circonda e cosa la circonda principalmente? Discorsi rapidi e spontanei che si susseguono senza chissà quali pause o riflessioni. Se poi consideriamo che lei sia stata la prima ad utilizzare il discorso diretto libero, allora il tutto prende ulteriore importanza.

In quale altra maniera la Austen dipinge l'Inghilterra del suo tempo nelle sue storie?

"È una verità universalmente riconosciuta, che uno scapolo in possesso di un'ampia fortuna debba essere alla ricerca di una moglie."

Era davvero così? Era davvero l'uomo ricco ad essere alla ricerca bisognosa di una moglie?

Per niente.

La società dell'epoca, ancora più basata sul patriarcato di quella degli anni '70 vista con "Un inutile delitto" di Jill Dawson (ve ne ho parlato un paio di articoli fa), non permetteva a nessuna donna di ricevere in eredità il patrimonio del padre, a meno che questo non consistesse in una dote da dare al marito della suddetta figlia, il che costringeva ogni ragazza a cercare disperatamente un marito, preferibilmente benestante, a cui affidarsi, avendo come unica alternativa quella di andare a vivere da fratelli o sorelle già sposati, cosa che però comportava l'eterna etichetta della zitella. La Austen vuole far vedere, con la sua ironia sottile e pungente, come questa condizione sia normalmente accettata anche se non dovrebbe e lo fa dalla prima frase, dall'incipit col quale dà per verità universalmente riconosciuta un'affermazione che in realtà è un paradosso, perché non è l'uomo ricco ad essere per forza di cose alla ricerca di una moglie, ma qualsiasi ragazza ad aver bisogno del matrimonio comodo.

Le frecciatine agli aspetti scomodamente misogeni della società sono infiniti, ma la cosa che più apprezzo della Austen - e che più ho percepito come evidente nella versione in lingua - è il suo essere costantemente fraintendibile: il suo obiettivo è quello di mostrare e provocare, dando ragione e facendo smuovere chi non è d'accordo con quel pensiero bigotto e retrogrado, ma nessuno può accusarla di dire eresie, di accusare, perché lei prende una posizione precisa, ma prendendo in giro chi non è della stessa idea, facendo credere loro di parlare di una semplice storia d'amore che sarebbe potuta accadere a chiunque, facendo finta di essere frivola, ma nascondendo grande spirito di ribellione.

E, mentre la nostra Jane fa credere ai fessi di avere ragione, incita tra le righe i più intelligenti a trovare il marcio che c'è in ciò che li circonda.

E voi, balbettanti, cosa ne pensate?

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