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"Perché ancora classici?"


Quando, all'uscita del nuovo film di “Piccole Donne”, una mia compagna di tesi ha dichiarato con voce fredda e impassibile che “no, non andrò a vederlo, perché è una storia trita e ritrita, che senso ha?”, credo fortemente di aver sentito il mio cuore fermarsi.

Ho tentato invano di convincerla che le grandi storie hanno sempre qualcosa da offrirci e che il cinema di oggi ha tutti i mezzi per rendere giustizia a quella di “Piccole Donne”, ma, quando uno è de’ coccio, de’ coccio, non c’è niente da fare, nemmeno e soprattutto quando questa persona si vanta di leggere solo libri di un certo livello e di vedere solamente film d’autore!

Comunque, la mia impresa non è andata persa nel vento e la RBA mi è venuta in aiuto con la sua nuova collezione “Storie senza tempo” dedicata ai classici della letteratura femminile e femminista: perché, nel XXI secolo, si sceglie ancora di riproporre storie di ormai secoli fa? È una scelta dettata da sicurezze legate a questioni di puro marketing oppure è una sorta di tentativo di soddisfare una vera e propria necessità?

La società di oggi, che si vanta di aver conquistato tutta una serie di diritti e di traguardi, di aver scoperto l’impossibile e raggiunto livelli incredibili in ambito tecnologico-conoscitivo, ha davvero ancora bisogno di leggere le storie di donne e/o raccontate da donne centinaia di anni fa?

La risposta mi sembra ovvia, ciò che lo è un po’ meno sono le motivazioni che vi sono alla base, che io mi azzardo soltanto a ipotizzare e che purtroppo credo molti evitino persino di cercare.

Cosa fareste in un mondo in cui la donna non viene considerata al pari di un uomo, in cui non può assumere cariche o raggiungere importanti traguardi in ambito lavorativo senza essere giudicata o condannata? Cosa fareste se viveste in un’epoca in cui è l’uomo a decidere per la donna, in cui è l’uomo quello a cui i meriti vengono sempre accreditati, in cui è considerato surreale pensare che la donna possa autosostenersi, che possa avere delle proprie opinioni, ambizioni e voglie, in cui viene additata e punita per aver subito violenza, in cui viene ritenuta un’esaltata per il solo difendere i propri ideali, per il voler gridare, combattere? Cosa fareste?

Cosa fareste in un mondo, in un’epoca, in una realtà come la nostra?

Jane Austen, Charlotte, Ann ed Emily Brontë, Louisa May Alcott, ma anche Daniel Defoe, Thomas Hardy, Lev Tolstoj e tante e tanti altri come e con loro hanno lavorato e hanno lottato per quelle stesse idee, quegli stessi valori, diritti che oggi, 18 febbraio 2020, dovrebbero in maniera scontata e ovvia e profonda essere radicati nella nostra mente, nella nostra cultura, nella nostra società…ma non è così, non lo è ancora.

Allora, ancora una volta, perché le persone – e non solo le bambine, non solo le ragazze, non solo le donne – dovrebbero ancora stare a leggere storie scritte un’eternità fa e vederle riadattate in TV al cinema per la milionesima volta? Perché, se ancora dopo secoli non siamo riusciti ad imparare dalle emozioni scaturite da quelle parole, allora leggerle, vederle, sentirle milioni di volte non è bastato e finché non sarà assimilata l’ultima idea, reso proprio l’ultimo concetto, allora non si potrà decidere di andare oltre e smettere di correre dietro ai classici, perché, sì, dove siamo è dietro e ciò che dovremmo fare è correre.

A tutti quelli che credono ancora nel valore dei classici.

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