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"Piccole Donne" - Una storia da raccontare ancora

Aggiornamento: 18 feb 2020


Questo articolo arriva un po’ in ritardo, perché le scomodità devono capitare sempre tutte insieme: orari in università ingestibili, lavori a casa e trasferimento a casa di mio zio, influenza-non-influenza (non ho capito che cosa abbia, ma vabbè) e anche allergia anticipata...insomma, una gioia dopo un’altra! Tuttavia, ci tengo troppo a questo argomento per accantonarlo e spero che, con il ritorno a casa mia (che avverrà in questi giorni), Babbling Babook possa tornare alla sua routine, anche perché ci sono diverse collaborazioni che stanno per nascere e non vedo l’ora di partire verso queste nuove avventure!

Quindi, ciancio alle bande, iniziamo a balbettare su queste “Piccole Donne” che, grazie a Greta Gerwig nel mondo cinematografico, hanno ripreso a far parlare di sé, portando anche le case editrici di tutto il mondo a proporre edizioni nuove di zecca; non che si fosse mai smesso di parlare della saga della Alcott, ma c’è da ammettere che il film, candidato anche agli Oscar con 6 nomination (che vi lascio elencate a fine articolo, insieme agli altri premi già vinti), ha portato una visibilità alla storia delle sorelle March che non si raggiungeva da tempo.

Il film della Gerwig è una trasposizione dei primi due romanzi della saga: “Piccole Donne” e “Piccole Donne Crescono”. Io ho letto solo il primo, ma rimedierò presto e pubblicherò un altro articolo in cui aggiornerò questa recensione, ma, dalla lettura del primo, posso affermare che la trasposizione della Gerwig è quasi totalmente fedele al libro: i pochi episodi omessi non fanno sentire troppo la loro mancanza, mentre ho trovato le piccole modifiche apportate elementi di ricchezza che hanno reso anche migliore la storia, come la scelta di rappresentare la signora March non come la signora robusta che è descritta nel libro, ma come una versione più adulta di Jo, in modo da sottolineare la somiglianza dei loro caratteri oppure la scelta di lasciare ad Amy e non a Meg il compito di consolare Jo dopo aver venduto i suoi capelli per contribuire economicamente alle cure del padre.

Non sono un’esperta di film, ma le candidature e i premi ricevuti, dal mio punto di vista, sono più che meritati: il film si basa su una serie di parallelismi tra flashback appartenenti sostanzialmente al primo libro e gli episodi del secondo e la fotografia aiuta nella distinzione delle due linee temporali e, insieme alla musica, trasmette allo spettatore i diversi stati d’animo delle varie scene.

Come avviene con il libro, anche guardando il film viene facile entrare nel mondo della famiglia March, senza farsi mai pesare le duecento e passa pagine o le due ore piene di pellicola e, nonostante Jo ed Amy sembrino la prima e terza figlia in ordine di età anziché la seconda e quarta, il cast è stato perfetto nella sua intera performance (sì, ho un debole per Timothée Chamalet alias Laurie/Teddy e ho iniziato ad averne uno anche per Louis Garrel alias Friedrich).

Mi piace pensare a queste due versioni della storia come a due elementi che si completano: se da un lato il libro su incentra maggiormente sugli aspetti educativi, dall’altro lato il film punta su quelli legati alla voglia di libertà e di emancipazione che la Alcott aveva già nascosto tra le parole di Jo.

Io, ora più che mai, mi pento di aver recuperato così tardi un classico di questa portata (non so nemmeno io il perché!) e non vedo l’ora di reimmergermi nelle parole della Alcott, narratrice insieme pungente e dolce, divertente ed educativa.

E voi? Qual è il vostro rapporto con questa saga?


Ecco qui le 6 nomination agli Oscar:


- Miglior Film

- Migliori costumi (Jaquelin Durran)

- Migliore attrice protagonista (Saoirsie Ronan, “Jo”)

- Miglior attrice non protagonista (Florence Pugh, “Amy”)

- Miglior sceneggiatura non originale (Greta Gerwig)

- Miglior colonna sonora (Alexandre Desplat)


Sulla pagina di Wikipedia del film, potete trovare tutte le altre candidature e gli altri premi cinematografici già vinti, vi lascio qui il link:


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