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“Breve storia amorosa dei vasi comunicanti” di Davide Mosca (Einaudi)



“Ho letto da qualche parte che il termine inglese sad, tristezza, deriverebbe dal latino satis, sazio. Non ho mai controllato la corretta etimologia. Certe cose è meglio non verificarle, accontentarsi delle semplici intuizioni. Quando Leopardi entrò nel bosco e si rese conto che non c’erano ninfe, ci rimase talmente male che si ammalò dentro e non guarì più. Io desidero ninfe nei miei boschi.

Davide Mosca ci porta all’interno della vita di Remo...che tanto vita non sembra. Remo sta vivendo il suo annus horribilis, ha gettato via tutto quello che aveva costruito e che poteva diventare, si è rinchiuso in casa e ha superato da un pezzo e in poco tempo il quintale e non sa nemmeno come e quando sia avvenuto; le sue giornate si ripetono tutte uguali, tutte senza risultati positivi, ormai è come se Remo fosse morto. Il giorno in cui cambia un piccolo dettaglio della sua routine, ecco che entra in scena Margherita, che, nel suo essere rotta, sembra ripararlo.

Remo, protagonista e narratore, ipnotizza il lettore tramite le sue parole: seppur parliamo di prosa, i capitoli sono intrisi di frasi poetiche e suggestive; è costante il senso di sospensione sul finale, cosa che ti spinge a continuare la tua lettura come se fosse la cosa più naturale del mondo; le descrizioni sono vivide e i dialoghi emozionanti.

Tutto funziona, sembra un puzzle che pian piano prende forma, pezzi che poco alla volta si ricongiungono, come succede con Remo e Margherita, convesso e concavo, due facce della stessa medaglia che riescono inspiegabilmente a guardarsi.

Un libro che si lascia leggere tutto d’un fiato, personaggi che si fanno conoscere dal lettore, emozioni che traspirano dalle pagine: un libro da leggere ad ogni costo.

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