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“Il bambino che aspettava la neve” di Alessandra Pepino (NeroPressEdizioni)


Miei balbettanti, oggi vi parlo della mia prima lettura targata #NeroPressEdizioni, che ringrazio per avermi inviato la copia digitale de "Il bambino che aspettava la neve" di Alessandra Pepino.


Come al solito, ecco qualche info di base:



TITOLO: Il bambino che aspettava la neve

AUTORE: Alessandra Pepino

GENERE: Giallo/Thriller

TIPOLOGIA: Ebook

CASA EDITRICE: Nero Press Edizioni

COLLANA: Intrighi

PAGINE: 190

PREZZO: € 1,49 (ebook)

LINK D'ACQUISTO: Nero Press

In una Napoli imbiancata dalla neve, un bambino assiste a un atroce omicidio. Oppure ha avuto un ruolo nell’efferato delitto? Al commissario Mindy Iannaccone il compito di scoprirlo.


TRAMA

In un’alba gelida di inizio marzo, sullo sfondo di una Napoli imbiancata dalla neve, il commissario Mindy Iannaccone è chiamato a indagare sul brutale omicidio dell’ottantanovenne Fortuna Capasso. Al suo fianco, il sempre solerte Egidio Molinari, stavolta coinvolto in prima persona nel caso. A rinvenire il cadavere è Ciro, da tutti chiamato “Pesciolino”, il vicino della vittima: un bambino introverso e con una complessa situazione familiare che, con la morte di Fortuna, sembra perdere un riferimento e un’amica. Ma è proprio così? Oppure la brutta lite avvenuta tra i due, intercettata il giorno prima dalla dirimpettaia, nasconde una ben più torbida realtà?

Il ritorno di Mindy Iannaccone, donna schietta e verace, in perenne lotta con la sua linea in sovrappeso, che sul lavoro non ama le buone maniere.

Da dove cominciare? Si tratta del secondo romanzo dedicato a questo commissario napoletano, Mindy Iannaccone, affiancata dall’ispettore Egidio Molinari: non si tratta di una vera e propria saga, in questo libro non si fanno riferimenti al precedente – tranne, forse, per le relazioni che legano i personaggi (ma non ne sono sicura, proprio perché questo è il primo dei due che ho letto) –, ma è sempre affascinante pensare a delle storie distaccate tra loro in cui si possono ritrovare gli stessi personaggi (un po’ come avviene con Sherlock Holmes, insomma), perché ti aiuta ad entrare in sintonia con essi senza sentire l’obbligo di dover tenere il filo di tutti gli avvenimenti dei vari libri.


Il romanzo non è molto lungo, specialmente se si considera che si tratta di un thriller/giallo e anche i capitoli – soprattutto quelli inziali – sono molto brevi e credo di aver capito quale fosse l’intenzione dell’autrice: solitamente, quando si leggono libri di questo genere, la narrazione tende ad essere prolissa, a dilungarsi in descrizioni, momenti d’azione o filler di scorci di vita dei personaggi principali, flashback, sotto-misteri e così via, ma qui l’autrice sembra discostarsi da questa tipologia di romanzi e avvicinarsi di più a quello che è lo stile dei racconti brevi, dove non ci si perde in cornici o ulteriori complicazioni, ma in cui si ha un caso e si segue quello; con questo non voglio dire che la storia vada dritta dritta al punto, perché mentirei, visto che, com’è giusto che sia, il lettore è portato a domandarsi chi possa essere il colpevole, ad essere indeciso tra i vari sospettati, ma la cosa che mi ha sorpresa di più è che, solitamente, al lettore vengono date le stesse informazioni che riesce a procurarsi il protagonista, in modo da immedesimarvisi e arrivare insieme alla soluzione, mentre qui il lettore è come se fosse un puro spettatore e l’effetto finale è sicuramente di grande sorpresa (o, almeno, lo è stato per me).


Vi starete chiedendo: quindi, il colpevole era uno insospettabile e non ha senso che fosse lui? No. Certo, non era sicuramente il primo nella lista dei sospettati, ma, una volta giunti al finale, viene fornita una spiegazione che distrugge l’eventuale dubbio che la scelta fosse campata in aria.


Se, però, il lettore non ha tutte le informazioni che vengono fornite a Mindy o a chi la affianca, cosa conosce? Interessante in questo libro è lo stile di narrazione: un narratore esterno approfitta dei brevi capitoli per presentare le azioni di diversi personaggi, da Mindy a Molinari fino al bambino che ha ispirato il titolo della storia, per poi inserire di tanto in tanto un capitolo, interamente scritto in corsivo, in cui il narratore si rivolge direttamente a uno dei personaggi; è in queste occasioni che ho avuto la possibilità di sentirmi più vicina ai personaggi principali, però speravo, da un lato, di scoprire alla fine che questa sorta di “voce” che si rivolgeva a me come se fossi uno di loro fosse qualcuno in particolare, magari il colpevole, invece non è così.


Se, da un lato, ho apprezzato la brevità del romanzo e il suo non essere ingarbugliato e saturo di eventi perché lo rendono scorrevole e di facile lettura, avrei preferito conoscere più a fondo i personaggi, anche se credo basterebbe leggere più storie legate al commissario Iannaccone per rimediare.


La scorrevolezza che caratterizza la penna della Pepino è senz’altro dovuta anche al modo in cui riesce a inserire degli intercalari dialettali all’interno dei discorsi che danno più l’idea di una situazione reale, quasi quotidiana, di persone vere che potremmo incontrare per le strade di Napoli, spontaneità che a volte, però, ho sentito perdersi quando si trattava di discorsi un po’ più lunghi – come lo spiegone finale –, in cui lo stile mi sembrava avvicinarsi di più a quello costruito tipico delle serie o dei film gialli.


Complessivamente, posso dire di aver trovato la lettura piacevole e di essere rimasta incuriosita da cos’altro il commissario Iannaccone e l’ispettore Molinari possano aver vissuto o vivere in futuro e vi consiglio sicuramente di regalarvi l’occasione di godervi un po’ di neve con questo romanzo, magari con 40° sotto l’ombrellone.


Qui sotto vi lascio i link per visitare le mie pagine YouTube, Etsy e Instagram e, come al solito, vi aspetto per la nostra prossima balbettata!


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