Cos’è un sogno? \_(•~•)_/
[só-gno] s.m.
1 Attività mentale che si svolge durante il sonno, caratterizzata da impressioni visive, sensazioni e pensieri non coordinati tra loro logicamente ma esprimenti desideri, ricordi, emozioni inconsce.
Solitamente, quando si fa una premessa del genere, si vuole smentire la definizione presente sul vocabolario, ma questa sarà un’eccezione, me la perdonate?
“Sogno d’una notte di mezza estate” di Shakespeare non avrebbe potuto avere titolo più adatto: l’opera non è di una chiarezza lineare, spesso confonde, spaventa, diverte, intenerisce, fa arrabbiare, ma, nell’insieme, proprio come un sogno, sai benissimo cosa è accaduto, chi è chi, chi ha provato cosa, è solo che, se cerchi di concentrarti su un particolare, tutto diventa più sfocato e meno comprensibile.
Per la #OWLReadathon, ho scelto quest’opera teatrale, ormai un grande classico, inserendola come libro per l’esame di Trasfigurazione, ovvero “un libro con all’interno una metamorfosi”: “Sogno d’una notte di mezza estate” è una storia di metateatro, d’amore, di capricci, di patriarcato, di magia, di dispetti e di arte; tutto inizia con l’imminente matrimonio reale di Teseo e Ippolita e lo spettacolo che dovrà essere fatto in loro onore e con l’organizzazione del matrimonio combinato tra Demetrio ed Ermia, che però ama Lisandro ed è amica di Elena, innamorata a sua volta di Demetrio. Vi sentite già confusi? Beh, è solo l’inizio, perché, è quando entra in campo Puck, che le cose si complicano per davvero, perché gli sguardi amorosi verranno mescolati, un artigiano-attore si ritroverà con la testa trasformata in quella di un asino e le fate continueranno a cantare nei boschi.
Inutile parlare dello stile unico di Shakespeare: non è normale teatro né mera narrazione o semplici dialoghi, è poesia e, in quanto tale, riesce a creare figure molto più colorate di qualsiasi prosa. I personaggi sono estrosi, anche se non definiti in maniera perfetta, infatti, gli unici che, a parer mio, si distinguono nel modo di esprimersi sono gli artigiani, i più realistici anche, probabilmente.
La reazione suscitata più facilmente per me è stata la risata, soprattutto per gli atteggiamenti esagerati di personaggi che non sanno nemmeno di cosa stiamo parlando (come dimostrano con le successive azioni), ma l’opera riserva anche tematiche più serie, che lasciano pensare: perché siamo così capricciosi? Cambiamo idea così facilmente e ciò che per noi due secondi fa era amore eterno, ora è odio profondo e ciò che era bello, adesso è brutto, prima volevamo una cosa, ora un’altra, prima amavamo una persona, adesso un’altra e, se qui la colpa può essere attribuita a degli esseri fantastici, nella vita di tutti i giorni, è sempre per fattori esterni o non siamo mai contenti di ciò che abbiamo? E, quando “abbiamo” una cosa, la trattiamo come merita o come un oggetto di nostra proprietà, come Teseo vede Ermia, sua figlia?
Noi esseri umani siamo strani e lo siamo soprattutto perché, quando veniamo Messi di fronte ai nostri difetti, alle nostre follie, ridiamo e ridiamo non sapendo di star ridendo di noi stessi, come io ho fatto, come Teseo ha fatto, come tutti facciamo. Miei balbettanti, con questo mio piccolo stream of consciousness, vi do appuntamento alla prossima e vi lascio qui un paio di link che vi potrebbero essere utili ;)
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