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#ReviewParty "Il gatto che voleva salvare i libri" di Sōsuke Natsukawa


Miei balbettanti, finalmente posso presentarvi un libro che mi ha incuriosita dal momento del suo annuncio, un libro che unisce libri e gatti!


Ringrazio Ylenia di Cronache di Lettrici Accanite e la Mondadori per questa opportunità e inizio subito con il darvi qualche informazione di base:


TITOLO: Il gatto che voleva salvare i libri

AUTRICE: Sōsuke Natsukawa

GENERE: Narrativa contemporanea; Fantasy

CASA EDITRICE: Mondadori

COLLANA: Narrative

DATA D'USCITA: 6 ottobre 2020

FORMATO: Brossura

PAGINE: 180

PREZZO: €18,00

LINK D'ACQUISTO: Mondadori (5% di sconto)

TRAMA: La libreria Natsuki è un luogo speciale: un negozio polveroso e solitario, dove gli amanti della lettura possono trovare, tra le pagine dei grandi capolavori di tutto il mondo, un’oasi di pace, un rifugio lontano dal frastuono della quotidianità. Quando il proprietario, uomo colto e appassionato, muore improvvisamente, il nipote Rintaro, un ragazzino timido e introverso, eredita la libreria. Il nonno si è preso cura di lui dopo la morte di sua madre e, ora che è scomparso, Rintaro deve imparare a fare a meno della sua saggezza dolce e pacata. La libreria è sull’orlo del fallimento: un’eredità pesante per il ragazzo, anche perché i segnali dal mondo sono piuttosto scoraggianti: poca gente è davvero interessata alla lettura.

Un giorno, mentre Rintaro si crogiola malinconico nel ricordo del nonno, entra in libreria un gatto parlante. Nonostante le iniziali perplessità del ragazzino, il gatto lo convince a partire per una missione molto speciale: salvare i libri dalla loro scomparsa. Inizia così la storia di un’amicizia magica: un’avventura che li porterà a percorrere quattro diversi labirinti per risolvere altrettante questioni esistenziali sull’importanza della lettura e sulla forza, infinita e imperscrutabile, dell’amore.

Una favola dei nostri tempi, un’ode straordinaria al potere del libro e dell’immaginazione.


L'inizio


Tanto per cominciare, il nonno non c'era più.

Il prologo, come ammesso anche dal narratore, comincia in maniera brusca: il nonno non c'è più, è morto, tu lettore devi rimanerne spiazzato, anche se mai quanto Natsuki Rintarō.

Rintarō ha appena perso suo nonno ed è rimasto "immoto e senza parole", perché, col nonno, lui ci viveva ormai da anni e non vederlo in cucina fin dalla prima mattinata gli era sembrato subito strano.

È curioso vedere come l'autore abbia scelto di optare per una reazione posata, quasi apatica del protagonista, una scelta che, a mio parere, risulta molto più realistica di altre. Soprattutto tra il prologo e l'inizio del primo capitolo, si comprende subito la difficoltà che il ragazzo - un comune studente delle superiori, anzi, un hikikomori (ve ne parlerò tra un po') - provi non magari nel sopportare il dolore derivante da un lutto, bensì più nel metabolizzare la perdita improvvisa di una persona con cui condivideva la propria routine quotidiana; ciò che a Rintarō viene difficile è abituarsi a qualcosa di nuovo, abituarsi ad un'assenza inaspettata.

Ciò traspare anche nello stile: se le descrizioni e i racconti dal passato si caratterizzano di frasi articolate e suggestive, le azioni che Rintarō compie dopo la morte del nonno - diciamo il "presente della storia", anche se è narrata comunque al passato - sono presentate al lettore tramite proposizioni brevi, a trasmettere la meccanicità con la quale agisce il personaggio, la sua passività nei confronti della vita (seppure, essendo sempre stato un hikikomori, non esattamente una novità per lui).

Se il prologo ci spiazza, l'inizio del primo capitolo ha il compito di farci ambientare: ci viene presentata la Libreria Natsuki, un piccolo negozio nella città vecchia dove Rintarō si rifugiava e che, ora che il nonno è ormai morto, è in procinto di essere venduta. Anche qui, la libreria ci viene descritta attraverso continui riferimenti al passato, a com'era quando il nonno si fermava nel mezzo per sfogliare qualche libro, quando diceva che "c'è un potere nei libri" e quando si concedeva di abbandonare il suo carattere taciturno e cominciare lunghi e accesi discorsi che solo i libri gli ispiravano.

Poi, ovviamente, questo è il momento in cui conosciamo "il gatto", ma adesso ci arriviamo...


La struttura del libro e il concetto di hikikomori


Prima di presentarvi il personaggio che dà il titolo alla storia, faccio due piccole digressioni.

Il libro si compone di un prologo abbastanza lungo, un epilogo un po' più breve e quattro lunghi capitoli che prendono il nome di labirinti. Il primo, il secondo e il terzo labirinto hanno dei titoli dedicati alla persona che Rintarō e il gatto dovranno incontrare, mentre l'ultimo è senza titolo e fa ripercorrere al ragazzo i tre labirinti precedentemente attraversati: questi labirinti sono la sede ognuno di una prova diversa, una persona che non dà ai libri il giusto valore e che, per questo, deve essere riportato sulla retta via da Rintarō.

Rintarō, infatti, è un ragazzo molto colto per la sua età. Passare le proprie giornate all'interno della libreria e ascoltare il nonno lo ha portato a leggere e conoscere i più grandi della letteratura mondiale e la cosa è percepibile dal modo in cui parla, pensa e cita alcuni autori. È stato bello vedere come la lettura e i libri in genere vengano esaltati in diverse maniere e come tutti i temi trattati vi si colleghino.

Rintarō e la sua cultura, però, sono stati sicuramente in un certo senso "aiutati" dal suo essere un hikikomori: un hikikomori (letteralmente "stare in disparte, isolarsi", dalle parole hiku "tirare" e komoru "ritirarsi") è colui che si ritira completamente dalla vita sociale, che si isola volutamente ed è spesso usato come stereotipo di personaggi manga e anime. Tuttavia, nonostante Rintarō non faccia che ribadire continuamente questo suo lato del carattere, soprattutto quando incontra per la prima volta il gatto, io l'ho trovato un po' al limite tra l'hikikomori e un ragazzo semplicemente timido, perché più di una volta abbiamo modo di conoscere dei personaggi che abbiano un rapporto con lui, seppur non molto approfondito.

Comunque, sarà questa avventura con il gatto Tora a farlo crescere per davvero e ad insegnargli più di una cosa.


Il gatto Tora e il messaggio che vuole trasmettere


Quando Rintarō senza una voce provenire dal fondo degli scaffali, non si aspetta di certo di trovare un gatto dalla folta coda, una pelliccia a tre colori, degli occhi color giada brillanti e penetranti e soprattutto una voce.

Il gatto si presenta come Tora, "come la tigre" - tora, in giapponese, significa proprio "tigre" -, e non si perde certo in chiacchiere prima di informarlo della missione che lo aspetta: la "Seconda Generazione" deve assolutamente salvare i libri. È così che Rintarō, non prima di aver creduto di essere matto e di aver detto di essere un hikikomori che non può quindi accontentare la richiesta del gatto parlante, si ritrova a compiere un viaggio alla scoperta dei difetti degli umani per quanto riguarda i libri e la lettura, alla scoperta di se stesso e di ciò che dovrebbe fare della libreria e della sua vita, accompagnando noi sia nei labirinti tra aneddoti e informazioni utili sul mondo dell'editoria e della lettura sia nei ricordi sul nonno, sul loro rapporto.

Realistico ed emozionante, il libro sembra voler elogiare i libri e far luce su alcuni difetti che spesso si nascondono al di là delle apparenze, sembra voler far capire come la lettura possa far crescere in diversi modi, come leggere non voglia dire per forza rinchiudersi e isolarsi.

"Il gatto che voleva salvare i libri", a mio parere, non salva tanto i libri, quanto i lettori.


La mia recensione si conclude qui, ma chissà se la storia di Rintarō avrà invece un seguito...

Voi intanto fatemi sapere se vi ho incuriositi con un cuoricino e un commento!

Prima di salutarvi, comunque, vi lascio qualche link e utile e la lista delle partecipanti di questo #ReviewParty... Alla prossima balbettata! ;)



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