Mia balbettante bambocciona banda di babook, è arrivato il momento finale di questo grande evento che vede protagonista il nuovo romanzo fantasy edito da #OscarMondadori (che non smetterò mai di ringraziare), "La città di ottone" di S. A. Chakraborty, articolo dedicato al #ReviewParty.
Avete già letto l'articolo che ho scritto per il #BlogTour sulla figura del falco come animale guida? Andate a leggerlo subito dopo questa recensione (trovate il link alla fine di questo articolo)!
Prima di partire in quarta col mio pensiero su questo libro, il primo della Trilogia di Daevabad, innanzitutto ringrazio le organizzatrici dell'evento (Infermieranerd e la_stanza_dei_libri) e la Mondadori per aver dato a tutte noi l'opportunità di leggere in anteprima il libro, di approfondirne i temi e di ricevere il cartaceo (a cui dedicherò un post su Instagram non appena arriverà!), è stato veramente un piacere.
Ora, però, passiamo al cuore di questo articolo e vediamo se questa nuova tipologia di recensione vi piace (fatemelo sapere con un commento e un cuoricino).
TRAMA
Egitto, XVIII secolo. Nahri non ha mai creduto davvero nella magia, anche se millanta poteri straordinari, legge il destino scritto nelle mani, sostiene di essere un’abile guaritrice e di saper condurre l’antico rito della zar. Ma è solo una piccola truffatrice di talento: i suoi sono tutti giochetti per spillare soldi ai nobili ottomani, un modo come un altro per sbarcare il lunario in attesa di tempi migliori. Quando però la sua strada si incrocia accidentalmente con quella di Dara, un misterioso jinn guerriero, la ragazza deve rivedere le sue convinzioni. Costretta a fuggire dal Cairo, insieme a Dara attraversa sabbie calde e spazzate dal vento che pullulano di creature di fuoco, fiumi in cui dormono i mitici marid, rovine di città un tempo maestose e montagne popolate di uccelli rapaci che non sono ciò che sembrano. Oltre tutto ciò si trova Daevabad, la leggendaria città di ottone. Nahri non lo sa ancora, ma il suo destino è indissolubilmente legato a quello di Daevabad, una città in cui, all’interno di mura metalliche intrise di incantesimi, il sangue può essere pericoloso come la più potente magia. Dietro le Porte delle sei tribù di jinn, vecchi risentimenti ribollono in profondità e attendono solo di poter emergere. L’arrivo di Nahri in questo mondo rischia di scatenare una guerra che era stata tenuta a freno per molti secoli.
"Era una preda facile."
Così ha inizio questa storia, una storia raccontata in terza persona, ma capace anche di presentare perfettamente le sfaccettature dell'anima dei suoi personaggi, una storia dai capitoli più lunghi del solito e che, nonostante un inizio forse un po' lento, riescono a mantenere un certo livello di curiosità nella mente del lettore.
Per una buona parte del romanzo, forse risulterà un po' difficile abituarsi ai nomi particolari, però, complice il Glossario posto alla fine del tomo, tutto viene presentato comunque in una maniera tale che risulti esplicativa e spontanea allo stesso tempo: le descrizioni permettono di ambientarsi in questo mondo all'apparenza molto reale, soprattutto perché, nei capitoli dedicati a Nahri, la prima dei due protagonisti che veniamo a conoscere, lo stile descrittivo sembra rispecchiare a pieno lo spirito osservativo della ragazza, il suo occhio estremamente attento. Nel momento in cui il narratore nomina Napoleone, ci diventa inoltre chiara, oltre all'ambientazione geografica - il Medio Oriente -, anche quella temporale - il XVIII secolo.
I capitoli, probabilmente per via della loro lunghezza, si suddividono in diverse parti, l'inizio delle quali si differenzia dal resto del testo grazie ai caratteri maiuscoli, ma la narrazione non perde per questo di fluidità e, sia quando il capitolo è dedicato a Nahri sia quando è dedicato ad Ali, è come se i personaggi e il mondo in cui vivono ci venissero presentati in maniera indiretta, attraverso situazioni quotidiane, i suoni e la gente che li circonda, senza escamotage artificiosi né esplicitazioni banali, bensì facendoci anche spesso aspettare per sentirli parlare o per farli palesare.
"Nahri pensava fossero tutte assurdità, ma non osava chiedere. Lei non lo interrogava sulla sua vita precedente e lui non chiedeva perché un'ex borseggiatrice sapesse diagnosticare le malattie meglio del medico personale del sultano. Il silenzio su quei due argomenti era alla base della loro strana collaborazione."
Ed è proprio attraverso questo stile indiretto che veniamo a conoscenza anche dei rapporti che i protagonisti hanno con i personaggi che già conoscono, è attraverso i dialoghi che capiamo i meccanismi che fanno funzionare questo mondo particolare, perfino la concezione che le diverse religioni hanno delle streghe.
Questo modo di raccontare porta a percepire un'aurea mistica che aleggia intorno alla storia, che non impiega molto tempo a perdere quegli aspetti più "normali" del mondo reale e ad acquisire quelli mitici, misteriosi di un mondo fantasy reso più originale grazie al suo carattere arabeggiante: la narrazione al passato diventa così un altro aspetto che contribuisce a quella sensazione di stare ascoltando un'antica leggenda misteriosa e, a volte, anche cupa, emozionante, paurosa, avvincente, drammatica...
"Le sue capacità facevano parte di lei da così tanto tempo che, semplicemente, non metteva più in discussione la loro esistenza."
Ho detto che inizialmente il romanzo sembra metterci un po' per rodare, muove dei passi lenti, come se volesse introdurci cautamente all'interno della storia, però, nel primo capitolo, c'è già un evento che, a mio parere, è in grado di scuotere l'animo di chi legge: mentre leggevo del rito a cui Nahri partecipa - e che, in realtà, organizza lei stessa -, ho provato un senso di inquietudine e, alla fine, anche un po' di paura, ma, allo stesso tempo, ho avuto la consapevolezza che, in quel momento, mi si stava presentando uno scorcio di una cultura diversa dalla mia e da quella di oggi probabilmente, mi è stato mostrato cosa può provare una persona che sfrutta la fede che le persone provano in una religione nel momento in cui inizia a temerla e la penna dell'autrice mi ha dimostrato come, nonostante si rifacesse a frasi tutt'altro che arzigogolate, fosse capace di creare una forte tensione, di sfruttare una sorta di successione di suoni facilmente percepibili, facendo capire al lettore: "Ti sto facendo iniziare a scoprire qualcosa in più, ma sappi che non sei ancora pronto a sapere tutto.".
"La città di ottone", i suoi personaggi e le avventure che essi vivono compongono una storia che si lascia conoscere pian piano e che trasmette sicuramente un interesse abbastanza grande da far attendere con sincera curiosità la sua continuazione.
Voi che mi dite? Vi incuriosisce "La città di ottone"?
Vi piacerebbe leggere altre recensioni su questo stile? Per questo libro, ho deciso di inserire citazioni del solo primo capitolo, ma, per le prossime, le cose potrebbero cambiare, chissà! :)
Mentre voi andate a comprare questo romanzo, vi lascio qui un po' di cosine che vi saranno utili: i link per leggere il mio articolo del #BlogTour e per visitare le mie pagine YouTube, Etsy e Instagram, le info del libro e due foto per vedere quali tappe del #BlogTour organizzato da Infermieranerd e la_stanza_dei_libri dovete recuperare... Alla prossima balbettata!
TITOLO: La città di Ottone
AUTORE: S. A. Chakraborty
EDITORE: Mondadori
PAGINE: 528
PREZZO DI COPERTINA: € 22,00
L'AUTRICE: Conosciuta per la Trilogia di Daevabad, pubblicata a partire dal 2017 e a cui presto si ispirerà una serie originale Netflix, la Chakraborty è una scrittrice di fantasy storico e speculative fiction pluripremiata che vive nel Queens e che, nel 2022, ci delizierà di una nuova trilogia ambientata nell'Oceano Indiano del XXII secolo.
DA OGGI IN LIBRERIA!
Siete pronti a viaggiare verso la Città di Ottone come la vostra Babbling Babook?
Dài, di certo non scappa dalle librerie 😘
Mi ispira un sacco questo romanzo, però non ho idea di quando avrò la possibilità di leggerlo🙈