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#ReviewParty "Il Peggiore dei Mondi Possibili": il Drago dedicato a George Orwell


Miei balbettanti, cominciamo questo dicembre con un nuovo Oscar Drago che la Mondadori mi ha permesso di leggere per l'evento di Eynys Paolini Books e La Libreria di Yely.


"Il Peggiore dei Mondi Possibili" contiene ben cinque opere del celeberrimo George Orwell (di cui ho avuto modo di parlarvi già in passato, alla fine dell'articolo trovate il link utile):


Fiorirà l'aspidistra

Omaggio alla Catalogna

Una boccata d'aria

La fattoria degli animali

1984


Oggi sono qui per parlarvi di "Una boccata d'aria", romanzo del 1939:

George Bowling ha quarantacinque anni, un mutuo da pagare, moglie e figli da mantenere, un lavoro poco interessante e da qualche giorno anche la dentiera. Nell’Europa soffocata dai primi venti di guerra – siamo nel 1938 -, decide di lasciare la città e di rifugiarsi nel natio villaggio della campagna inglese per recuperare l’idillio e l’innocenza dell’infanzia. Spera così di sfuggire al soffocante ambiente domestico, o almeno s’illude di poter prendere una “boccata d’aria”. Accolto con grande favore dal pubblico e ritenuto dall’autore stesso una delle sue opere migliori, "Una boccata d’aria" anticipa la vena apocalittica e la lucidità profetica dei successivi, più celebri romanzi di Orwell.


Prima di parlare del romanzo in sé, ci terrei a spendere qualche parola sul Drago nella sua totalità.

Devo ammettere che, dal punto di vista estetico, non è tra i miei preferiti per via del fronte copertina: se l'interno è decorato da illustrazioni interessanti e dettagliate e sia il dorso che il retro hanno uno stile particolare che sovrasta il kitsch e te li fa piacere, la copertina non è ancora riuscita a convincermi del tutto, nonostante possa dire con certezza di essere stata piacevolmente sorpresa dall'effetto quasi simile al tessuto del materiale utilizzato (anche se sembra essere molto delicato).

Dal punto di vista dei contenuti, oltre alla solita comodità tipica dei Draghi di contenere più opere di un unico autore (sì, okay, il formato non è tascabile, ma volete mettere la possibilità di avere tutto sotto mano?), sono stata colpita dagli extra che precedono le singole opere: la Mondadori ha reso possibile leggere recensioni - in alcuni casi anonime e in altri di grandi nomi anche della letteratura - che permettono di aprire la mente in una maniera diversa dal normale nei confronti di ciò che si sta per leggere; tuttavia, è un altro il contenuto extra che mi ha colpita più di tutto quanto, la lettera a Mr. Willmet.

Il Drago si apre con questa lettera di Orwell del 18 maggio 1944, quando la guerra non è ancora abbastanza vicina alla fine e Orwell si ritrova a dire la sua su quanto il totalitarismo stia prendendo piede anche negli Stati Alleati; da questo tema, però, lo scrittore riesce a spaziare e a darci un testo ricco di significato che non ci dice solo cosa sia per lui il totalitarismo, ma anche la sua visione della storia, di come questa sia scritta dai vincitori, della guerra e del suo essere a volte, seppur sempre negativa, il male minore, di come sarebbe capace, se fosse necessario, di sostenere un governo in cui al momento non ripone fiducia, ma che comunque difenderebbe contro governi peggiori…

Le parole di Orwell restano sempre tremendamente attuali, a volte persino profetiche, anche - e forse soprattutto - quando queste non fanno parte di una storia di fantasia, ma della vita vera. Le sue parole, le parole scritte in questa lettera diventano spunto di riflessione per così tanti temi che ne uscirebbe più di un libro fuori solo da quelle poco più di due pagine.


Ora, però, passiamo alla ciccia, passiamo a questo romanzo definito da Stern "la più umoristica tra le sue opere" nella recensione che possiamo leggere prima del suo inizio.


Se penso agli altri due romanzi di Orwell già letti, "La fattoria degli animali" e "1984", mi viene da dire che si tratta di uno stile diverso, uno stile più semplice, ma non semplice come "La fattoria degli animali", dove il narratore cerca di assumere il tono di una favola, bensì uno stile che si avvicina a quello colloquiale: il narratore-protagonista si rivolge direttamente al lettore come spesso capita nei romanzi contemporanei, gli pone delle domande retoriche, fa commenti che spesso fanno sorridere e racconta la sua vita di tutti i giorni, seppur abbia voluto momentaneamente metterla da parte per prendersi del tempo per sé.

È incredibile come, nonostante sia un uomo semplice e comune a parlare, Orwell riesca comunque a inserire dei pensieri più profondi sui temi importanti a cui è indubbiamente da sempre legato, come assuma quel tono profetico anche in quest'opera solo all'apparenza più "leggera". Orwell sente i passi della guerra che si avvicina, inserisce riferimenti falsamente vaghi sulla situazione degli ebrei in Germania, fa sentire l'odore della paura di chi, la guerra, l'ha già vissuta una volta.

Tutto questo, però, con discrezione.

Il romanzo non è esplicitamente accusatorio come i due più celebri che vi ho nominato poco fa ed è forse per questo che probabilmente risulta ancora più tagliente, fa riflettere maggiormente, perché non è un grande pensatore o un narratore esterno a dirti ciò che va o non va di una dittatura, ma una persona normale che sostituisce le vere e proprie riflessioni a dei pensieri e commenti che si susseguono come si susseguono nella nostra mente mentre viviamo una determinata situazione.

Abbiamo modo, quindi, di entrare nella vita di una persona comune, spesso presa in giro per il suo aspetto, nella vita facilmente considerabile monotona e insoddisfacente, di entrare successivamente anche nei ricordi di questa stessa persona, di conoscere la sua infanzia, la sua adolescenza, per poi avere un assaggio di quella che era la propaganda del tempo sulla guerra, di cosa si respirava nell'aria di quei giorni che le facevano da vigilia, del desiderio di fuggirne.


"Non c'è bisogno d'essere un intellettuale, per avere pensieri del genere, al giorno d'oggi."

Ho trovato questo romanzo vero e, seppur lontano dall'essere "pesante", anche questa volta ricco di spunti di riflessione importanti e inaspettatamente arricchito da una narrazione spesso auto-ironica e perfino buffa.


Voi avete letto qualcosa di Orwell? Conoscete questa opera?


Qui sotto vi lascio qualcosa che vi sarà utile: alcuni link (tra cui la recensione dei due più famosi romanzi di Orwell risalente a qualche mese fa) e una foto per vedere quali altri profili hanno partecipato a questo #ReviewParty.

Alla prossima balbettata! ;)




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